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Fin dagli albori della sua esistenza l'uomo ha sempre ricercato la divinità, poiché nel regno degli esseri viventi solo l'uomo ha capacità di Dio, questo desiderio innato il quale è posseduto per natura lo spinge alla ricerca della divinità, affinché possa dare risposte ai suoi interrogativi, sicché gli eventi naturali come ad esempio le calamità possono essere spiegate solo interrogando la divinità, preoccupandosi se in qualche modo possa essere stata offesa dalla propria condotta, ecco allora che in ogni ambito del vissuto umano vi è una divinità preposta ad ogni attività dell’uomo.

In merito al popolo ebraico, non dobbiamo immaginarci una nazione organizzata, come comunemente intendiamo, ciò che noi conosciamo come la “Storia del popolo d’Israele” è una rivisitazione ed attualizzazione dagli esiliati ebrei, i quali si interrogarono su ciò e perché hanno subito questa deportazione, rielaborando quella che era la tradizione dei “Padri”, il loro rapporto con YHWH (Adonai), se il loro Dio li avesse abbandonati, in cosa possono esser venuti meno all'Alleanza con il loro Liberatore, e cosa fare per ri-ottenere il suo favore, la tradizione P (sacerdotale) e la tradizione J (Jahvista) contestualizzano e attualizzano questa esperienza di deportati al fine di infondere agli esuli la speranza di essere di nuovo il popolo di YHWH e di essere un popolo libero.

Anche noi ripercorriamo anche se in modo sintetico la genesi di questo popolo.

Ai primordi vi erano tribù le quali praticavano la pastorizia tribù che potevano essere imparentate tra loro, essi erano nomadi, vivendo a contatto con altri popoli, assorbendone la cultura, sia nei rapporti con gli altri, economici, sociali, sia sotto l’aspetto religioso, condividendone le varie divinità.

Il racconto ci dice che per quattrocento anni furono schiavi in Egitto, ma anche nella schiavitù assorbirono le usanze egiziane comprese le pratiche divinatorie e divinità varie (ancora non era strutturato come popolo), fu solo con l’accettazione dell’Alleanza con YHWH, che dovettero scegliere, se continuare ad adorare i dei egiziani oppure riconoscere il loro Liberatore come “Unico-Vero Dio”.

La pratica divinatoria, l’adorazione agli dei era ben radicata nel popolo, poiché bastò che Mosè tardasse un poco nel ridiscendere dalla montagna che il popolo ricadde nella pratica che poco prima aveva promesso di abbandonare, ecco dunque il “Vitello d’oro”, il dio a cui il popolo attribuì la sua liberazione.

Il Dio dei loro padri è un Dio d’Amore, e fa di tutte queste tribù un suo e un sol popolo, lo ha scelto non in quando il migliore, ne per il suo numero ma a motivo del giuramento fatto ad Abramo, “per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della Terra saranno benedette”.

Dunque, YHWH dona al suo popolo la sua “Parola”, quella parola che dovevano custodire gelosamente, quella parola paragonata al miele, dovevano manducarla, affinché tramite d’essa potessero essere un popolo di speciale possesso, Dio dona dunque le “Dieci Parole”, su due tavole, anticamente ogni contratto doveva essere stipulato in due copie, una per ciascun contraente, ma non è questo che interessa, non è questo significato, anche se in questo “Contratto” i contraenti sono YHWH e Israele, interessa il significato teologico del numero due.
Nella prima tavola vi sono i comandamenti che riguardano esclusivamente Dio, il rapporto tra la creatura e il Creatore, tra il liberato ed il Liberatore, tra Israele e il suo Dio.

Nella seconda tavola vi sono i comandamenti che riguardano il rapporto con il prossimo, queste due tavole sono interdipendenti tra loro, una si riflette sull'altra, sicché come “ puoi odiare il tuo prossimo che vedi e amare Dio che non vedi?”, l’amore verso il fratello riflette l’amore verso Dio, ma l’odio verso il proprio fratello riflette l’odio verso Dio.

Evidentemente per il nostro argomento esaminiamo la prima tavola, il rapporto e l’adorazione verso Dio.

Io sono il Signore tuo Dio, perché ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile.

Dio si auto presenta sottolineando la sua realtà è il Dio personale, il Creatore che si rivolge alla creatura, una libertà che interpella un'altra libertà, una libertà di donarsi e di essere donato, Egli si è rivelato nella storia del popolo, lo ha liberato dalla schiavitù d'Egitto, un popolo interpellato è dunque un popolo libero, responsabile, capace di dialogo, reso disponibile all'ascolto della “Parola”, il dono della libertà che fonda nei dieci comandamenti, il Liberatore, l'Alleato, dona ora la sua parola per orientare il cammino del suo popolo su strade di un ulteriore libertà.

Non avrai altri dèi di fronte a me.

Di per se non viene negata l'esistenza di altre divinità, si esclude che altri dèi possano essere oggetto di culto da parte del popolo ebraico di quell'epoca, nessuna divinità può essere collocata di fronte a YHWH (Adonai), ne può essere in concorrenza con lui, perché solo YHWH ha liberato il popolo dall'Egitto, ha piegato il Faraone come una canna al vento affinché lasciasse andare il suo popolo.
Solo di YHWH l'ebreo può di dire “ è il mio/nostro Dio”, gli dèi sono altri, ossia “altrui/estranei” che rischiano di alienare il popolo rendendolo di nuovo schiavo.

Letto dunque all'interno dell'esperienza biblica del popolo d'Israele questo comando porta all'affermazione dell'esistenza di un unico Dio per tutti, infatti Gesù si rifarà a queste parole quando chiederà che il credente non abbia altri assoluti nella sua vita.

Non ti farai idolo ne immagine alcuna, non ti prostrerai e non li servirai.

Non si tratta dunque della fabbricazione di oggetti decorativi o artistici in genere, quanto piuttosto di rappresentare la divinità in funzione del culto, l'immagine infatti, era considerata una specie di “incarnazione” del Dio che rappresentava, si poteva manipolarla a piacimento dandole un potere magico (ciò che in un secondo tempo accadde al simbolo del serpente di rame).
YHWH il quale si è sempre rivelato mediante la parola e nella storia, chiede ad Israele di non farsi alcuna immagine di legno o Pietra di realtà create esistenti nel cosmo, cielo, terra, abisso, per ad adorarle.

Egli, unico Dio per Israele, è il solo ad avere il diritto al riconoscimento pubblico e a un culto.

Pur vietando la fabbricazione di immagini delle altre divinità la tradizione biblica (tradizione “P” Sacerdotale, e “J”Jahvista)e rabbinica ha esteso il senso della proibizione a non farsi immagini neppure di YHWH stesso, così, sopra l'arca dell'alleanza si collocano solo i cherubini alati non la statua di YHWH il quale però è immaginato sempre presente, come, seduto sui cherubini risplendi.
La statua, l’immagine, rappresenta la ricerca del sensibile, la tradizione profetica afferma il primato dell'ascolto della parola e della contemplazione delle azioni di Dio nella storia, questa proibizione può essere motivata dal fatto che l'unico essere vivente che può fungere da immagine di YHWH è l'uomo stesso, creato ad immagine e somiglianza di Dio, e quindi alla ingiunzione di non crearsi immagini false o distorte di Dio stesso, il cristiano le confronterà sempre con il Dio fatto uomo, Gesù Cristo, unica immagine perfetta del Dio invisibile.

L'idolatra, il quale cerca di darsi una rappresentazione di colui che non è e non può essere rappresentato incita Dio alla gelosia, la fedeltà al suo proprio Dio deve essere una fedeltà totale non può essere ammessa una fedeltà parziale e divisa con altre realtà (idoli), infatti Dio manifesta il suo favore, il suo amore verso chi lo ama, mentre invece verso chi lo odia, adulterando il suo rapporto con Adonai in quanto preferisce altri, userà la severità e la punizione per quattro generazioni.

Perché quattro generazioni?, si credeva allora che un peccatore potesse essere punito fino ai discendenti che presumibilmente poteva vedere, cioè i pronipoti, (ossia la quarta generazione) vedrà così estendersi gli effetti del suo peccato in ciò che ha più caro, i figli, questa interpretazione si basa sul senso della personalità corporativa collettiva, ma, al tempo di Geremia ecco che si fa strada l'idea della responsabilità individuale (la colpa dei padri non ricade sui figli), è da notare comunque che mentre la punizione è solo per quattro generazioni quindi un periodo brevissimo la benedizione per coloro che lo amano dura mille generazioni.

Nel corso della sua storia, Israele ri-cadde nell'idolatria, ritornando ad essere di nuovo schiavo dei vari dèi, il “Santo” d’Israele non poteva essere rappresentato, ciò che si rappresenta è finito, limitato, rappresentare Dio significa limitarlo, se dunque limitato allora non è Dio.

Il popolo imparò la lezione nel 587 a.c, quando furono deportati, in seguito non ricaddero più nell'idolatria, questo non vuol dire che nel tempio non vi fossero immagini, o che non vi fossero sculture!, tutt'altro, ma il loro uso era solo cerimoniale, sacrificale, ma non più di adorazione.

Ma che dire di noi cristiani, siamo forse sotto la legge?, alcuni dicono che Cristo ha abolito la legge, nulla di più errato, Cristo non ha mai abolito la legge, egli l’ha portata a compimento, l'ha perfezionata, ne ha estratto l’essenza, possiamo dividere la legge in due parti, la “Legge Cerimoniale” e la “Legge Morale”, ciò che ha avuto adempimento è stata la legge cerimoniale, ma ben rimane la legge morale, quella legge racchiusa nelle “dieci parole”, come si relaziona il cristiano con la prima tavola?
Vedremo come il cristiano deve considerare gli “idoli”
Tommaso de Torquemada



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