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Le grandi persecuzioni del terzo secolo.

Abbiamo visto come il rapporto tra cristianesimo e l'impero romano era un rapporto di tolleranza, il cristianesimo non era riconosciuto come religione, ma tollerata nello spirito della pace romana.

Anche se nel corso del tempo vi siano state delle azioni contro i cristiani le medesime erano sempre circoscritte, lasciare più che altro alla libera interpretazione dei vari governatori, ma, vi furono tre grandi persecuzioni le quali misero a dura prova la fede cristiana e l'unità della Chiesa, tali persecuzioni ebbero come protagonisti gli imperatori Decio, Valeriano, Diocleziano.

Nell'era dell'imperatore Decio, il quale era un militare rozzo e violento, i costumi romani, la morale, la cultura erano in netta decadenza, il cristianesimo a sua volta avanzava, facendo convertiti in tutte le sfere sociali, anche nella casa dei Cesari, l'imperatore Decio volle ed impose una politica di grande restaurazione dello stato, per questo stabilì che tutti cittadini dell'impero si dichiarassero leali all'antica religione pagana, con il sacrificio alle statue degli dei, ed una fedeltà alla figura divina dell'imperatore (statolatria).

Evidentemente i cristiani si rifiutarono di adempiere questo obbligo, tale rifiuto porto dunque all'inizio di una grande persecuzione, l'imperatore era deciso a sterminarli se non si sottomettevano all'ordinanza dell'imperatore, in seguito la tradizione cristiana si riferì a questo imperatore come uno “scellerato, un animale”.

Con l'editto del 250 d.C. venne ordinato a tutti i sudditi dell'impero di offrire un solenne sacrificio propiziatorio, chi avesse rifiutato o esitato ad obbedire sarebbe incorso nei rigori della legge, la quale comprendeva, carcere, confisca dei beni, l'esilio, lavori forzati, per gli irriducibili c'era la tortura e la pena di morte.

Un aspetto comune di queste tre grandi persecuzioni e fu, che per primi dovessero essere colpiti soprattutto i capi delle chiese vescovi per primi, poi i presbiteri, ed infine i diaconi, poiché secondo la concezione militare romana colpendo i capi tutti gli altri si sarebbero dispersi, evidentemente così non è stato perché mentre i militari seguono un capo il cristiano seguiva Cristo, mentre i vescovi altro non erano che i preposti alla guida delle comunità cristiane.

La persecuzione di Decio fu in’attesa, essa esplose in un modo violento ed intenso all'improvviso, ciò colse le comunità cristiane da spavento, tali persecuzioni ed in modo particolare la prima produssero effetti devastanti, ed è proprio a causa di essere esplosa così all'improvviso e violenta che molti cristiani furono colti da grande spavento, paura, per cui tradirono la fede, questi sono i famosi Lapsi (caduti).

Nelle grandi città di Alessandria, Cartagine, Roma e Smirne, furono registrate defezioni massicce, come ci narra Eusebio di Cesarea, Cipriano ebbe a dire in merito ai Lapsi “alcuni, vergognosamente degeneri in tutto, non dessero nemmeno tempo di essere catturati per salire gli altari, né di essere interrogati per rinnegare la fede”.

Parecchi riuscirono a sottrarsi con la fuga, molti vescovi dalla clandestinità dirigevano le chiese e sostenevano i cristiani impauriti, non pensiamo però, secondo la concezione che noi abbiamo di tale modo di agire, che questi vescovi fuggendo non si assunsero le proprie responsabilità, poiché, anche costoro in seguito pagarono con la vita la loro fede.

Se da una parte molti furono coloro che rinnegarono la propria fede molti altri ancora pagarono con la vita la loro confessione di fede, inoltre dobbiamo comprendere che coloro i quali rinnegarono la propria fede non lo fecero secondo lo spirito ma bensì secondo la carne, essi furono colti di sorpresa non ebbero il tempo di prepararsi a questa feroce persecuzioni, furono presi alla sprovvista, e ben sappiamo che colui il quale è preso alla sprovvista reagisce spesso in modo irrazionale.

Riprenderemo la questione dei Lapsi quando tratteremo la struttura della Chiesa e le sue dottrine.
La persecuzione di Decio durò circa un anno, il suo successore l'imperatore Gallo non perseguito la Chiesa, ma per allontanare il flagello della peste che stava devastando l'impero, ordinò che tutti i cittadini sacrificassero al dio Apollo, questa volta, i cristiani non furono colti di sorpresa, anzi, alcuni Lapsi ripararono al loro errore iniziale con il martirio.

Seconda grande persecuzione, l'imperatore Valeriano.
Questo imperatore all'inizio del suo regno cessa l'ostilità contro la Chiesa, in seguito però egli scatena la seconda grande offensiva contro la Chiesa, e questo su consiglio del suo ministro Macriano (possiamo definirlo il ministro delle finanze), egli era un membro importante di una setta pagana e precisamente l'Arci -sinagoga dei maghi d'Egitto, il suo misticismo era profondo e animato da grande odio verso il cristianesimo, l'apparato economico finanziario dell'impero subiva una grave crisi e per risanarla ordinò la confisca dei beni della Chiesa, né pochi, né di scarso valore, come ad esempio, proprietà terriere, edifici di culto, aree cimiteriali, eccetera, un aspetto di questa persecuzione fu il tentativo di impadronirsi delle ricchezze dei cristiani.

Con il primo editto del 257 d.C., Valeriano volle colpire i capi della Chiesa, alla stessa stregua dell'imperatore precedente, comandando che i vescovi, sacerdoti e diaconi sacrificassero agli dei, pena l'esilio, vietando sotto pena di morte le riunioni liturgiche nei luoghi di culto.

È d'obbligo fare una parentesi su questo, una leggenda la quale merita di essere sfatata, è, che le catacombe furono il luogo di rifugio dei cristiani dalle persecuzioni, niente di più errato, i romani conoscevano perfettamente tutte le catacombe e quindi non avrebbero avuto nessuna difficoltà a prendere i cristiani se si fossero nascosti in quei luoghi per sfuggire alle persecuzioni, le catacombe erano nient'altro che luoghi di sepoltura dei martiri o di altri cristiani, i quali a differenza dell'usanza romana di cremare i cadaveri, i cristiani li seppellivano fedeli al comando di Cristo di avere fede nella resurrezione dei corpi.

Con il secondo editto del 258 d.C., Valeriano inasprì le minacce verso i membri della gerarchia ecclesiale, se costoro persistevano nella fede, essi dovevano essere subito giustiziati, i laici cristiani più eminenti quali, senatori, nobili, cavalieri, dovevano essere degradati, confiscati i loro beni, e se non rinnegavano la propria fede dovevano essere decapitati, le madrone mandate in esilio, i funzionari di corte condannati ai lavori forzati come schiavi.

In quel periodo vi sono stati martiri famosi come, Papa Sisto II, il quale fu ucciso con quattro diaconi sorpresi a celebrare la liturgia nella tomba di San Calisto, quattro giorni dopo il suo diacono Lorenzo è bruciato vivo sulla graticola, in Africa un grande numero di cristiani anonimi chiamati “massa candida” con il loro vescovo Quadrato, Cipriano vescovo di Cartagine è decapitato, in Spagna il vescovo Tarragona venne bruciato insieme a due diaconi, e molti altri ancora suggellarono la loro fede con il proprio sangue.

La persecuzione di Valeriano ebbe termine nel 259 d.C. quando cadde nelle mani dei persiani e finì in modo miserabile, in oriente La persecuzione continuò ancora per qualche tempo ad opera dell'usurpatore Macriano.

Verso il 260 d.C. ci fu un periodo di pace, la quale durò all'incirca quarant'anni, finché non si ebbe l'ultimo scontro fra cristianesimo e l’impero romano, il più lungo è il più duro, ciò è rappresentato dalla figura di Diocleziano, egli pensò di restaurare gli antichi culti pagani per cementare la vita politica e l'obbedienza dei cittadini.

Anche in questo caso era inevitabile lo scontro con il cristianesimo, il quale di fatto era diventata la seconda forza della società, specie in oriente il corpo dei funzionari statali era formato da cristiani, la stessa moglie e figlia dell'imperatore erano catecumene, le scuole cristiane erano fiorenti nei principali centri del Mediterraneo, nelle città più importanti.

L’inizio della terza persecuzione prese forma con l'epurazione dell'esercito, mettendo i soldati cristiani davanti all'alternativa, o sacrificare agli dei o essere espulsi dalla carriera, la persecuzione entrò nella fase più acuta nel 303, in meno di un anno Diocleziano emanò quattro successivi editti, i quali si espressero in una forma sempre più repressiva.

Primo editto.
Comandava che le chiese fossero alterati, e le sacre scritture da dalle fiamme, coloro che consegnarono i libri sacri furori chiamati traditore s', una nuova classe dei lapsi, contemporaneamente, si proclamava di cristiani investiti di cariche erano scaduti e che gli schiavi perdevano il diritto di emancipazione, se persistevano nella progressione del cristianesimo.

Secondo editto.
Tutti i presuli delle chiese dovevano essere messi in ceppi e con ogni mezzo costretti a sacrificare.
Terzo editto.

Condannati alla pena capitale tutti coloro che non avessero sacrificato, mentre consentiva la liberazione a quanti si fossero piegati, questo, era il testo utilizzato dal tempo di Traiano per scoprire i veri cristiani e perdonare gli apostati.
Quarto delitto.

E’ fatto l'obbligo di sacrificare a tutti i fedeli, come al tempo di Decio, sotto la minaccia dei più crudeli supplizi e della morte.
In questa persecuzione mancano le figure di primo piano fra i martiri, i nomi illustri e venerati, benché molte siano state le vittime, segni ormai che il cristianesimo era penetrato in profondità nella società romana, da un qualcosa di isolato, da una “setta malefica” si era invece trasformato diventando popolare.

Si conoscono circa 84 racconti di martirio dalla piccola provincia di Palestina, nella Tebaide vengono segnalate esecuzioni dal 10 al 100 cristiani al giorno, altre vittime in Frigia come in Fenicia e in altri posti.

A Nicomedia, i cristiani senza alcuna distinzione furono messi a morte, parte trucidati con la spada, parte bruciati, un'altra schiera venne legata dai nemici su barche e gettati negli abissi del mare, Lattanzio riassume la situazione con queste parole, “il mondo intero era vessato, da oriente a Occidente incrudelivano tre belve furiose”.
Nel 305 d.C. Diocleziano abdica dal trono e gli succede Galerio, il quale è affiancato dal nuovo Cesare Massimino Daia, personaggio più crudele e fanatico di lui, di conseguenza prosegue la persecuzione in oriente in un modo sistematico e scientifico, anche in questo caso si verificarono circostanze di apostasia, martiri giustiziati con supplizi raffinati, l'efferatezza dei carnefici non ebbe limiti così come non ebbe limiti il coraggio delle vittime.

Al contrario, in l'Occidente gli augusti mostrano invece un atteggiamento più liberale, in Italia e in Africa l'imperatore Massenzio rende ai cristiani la libertà di culto e restituisce gli immobili confiscati, questo ci fa comprendere un implicito riconoscimento della legalità del cristianesimo, Massenzio dunque non può essere additato come il “cattivo” il quale ebbe il giusto castigo da parte di Costantino, ma è stato un imperatore che ha usato benevolenza e misericordia verso i cristiani.

Possiamo dire di essere ormai agli sgoccioli delle persecuzioni verso i cristiani, in oriente la persecuzione finiva per esaurirsi, nel 311 d.C. il 30 aprile pochi giorni prima di morire da una terribile malattia Galerio promulga un editto di tolleranza, ritrattando, la sua precedente politica verso i cristiani, e forse si potrebbe dire che fece questo in quanto era prossimo alla morte.

Solo con Costantino si è visto compiere il mutamento più importante nella storia della Chiesa antica, egli era un figlio illegittimo, seguì le orme del padre Costanzo, il quale professava una specie di monoteismo paganeggiante e molto tollerante in fatto di culti, possiamo affermare che il clima nella casa di Costantino era sostanzialmente filo cristiano, la madre Elena influì senza dubbio sulla formazione sul carattere di Costantino, ma è proprio a causa del figlio che si convertirà al cristianesimo.

Con la vittoria su Massenzio Costantino divenne l’indiscusso imperatore d'Occidente, la sua adesione al cristianesimo fu motivata a suo dire da una visione durante il sonno, nel quale vide al di sopra del sole, come un segno di vittoria, una croce luminosa, con le parole “In hoc signo vinces”, la notte seguente gli apparve Cristo il quale gli comanda di riprodurre quel segno cioè la croce e di portarlo con sé, Costantino dunque fa eseguire uno stendardo legato alla lunga asta con al centro la corona e il monogramma di Cristo, più tardi mise tale fregio anche sull'elmo.

Nel 313 d.C. Costantino e Licinio si incontrano a Milano per rivalutare la situazione politica e religiosa venutasi a creare dopo la vittoria di Costantino su Massenzio, gli imperatori riconoscono che, non si deve negare la libertà del culto, ma permettere a ciascuno di regolarsi nelle cose religiose secondo la sua coscienza, e questo vale esplicitamente anche per i cristiani, quindi i cristiani ebbero la libertà senza alcuna restrizione, senza alcuna molestia, la più completa, la più assoluta di predicare il proprio culto, furono restituiti tutti i beni in quali erano stati espropriati sia dall'autorità sia dal privato, restituiti senza alcun prezzo o formalità.

Fu riconosciuto ai cristiani la capacità giuridica sopra le chiese e cimiteri, terminando il documento con la speranza che, “il favore divino, già sperimentato in molte gravi imprese, che assista in ogni tempo per il benessere dell'impero”.

Ci furono inoltre molte altre disposizioni atte a salvaguardare il diritto alla libertà di religione sancito nell'accordo di Milano, e in particolare una legge che prevede la fustigazione e una forte multa per coloro che costringono i cristiani a partecipare a sacrifici pagani, viene ribadito il privilegio di immunità per il clero, venne promulgato anche un editto nel 319 e 320 su l'aurospicina, cioè la tecnica della divinazione per mezzo delle viscere di animali, caratteristica propria di molte religione antiche.

Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma queste esulano dall'argomento principale delle persecuzioni verso i cristiani, e forse avremo modo di parlarne.

Una parentesi è d'obbligo su di un imperatore “Giuliano l’apostata”, il quale con un colpo di coda voleva ripristinare il politeismo come religione di Stato, ri-attuando anche in una certa misura l'ultima persecuzione verso i cristiani, ciò però durò molto poco, circa due anni, in quanto egli morì in Persia durante una campagna militare.

È d'obbligo citare anche l'imperatore Teodosio I, il quale con il suo editto del 28 febbraio 380 d.C. dichiarò il cristianesimo come religione di Stato, tale diritto fu emanato a Tessalonica, e dice, “tutti i popoli dell'impero solo nel luglio professare la religione di Cristo, insegnata a Roma da papa Damaso e ad Alessandria dal patriarca Pietro, chi processerà tale religione sarà chiamato cristiano cattolico, che non la processerà sarà chiamato eretico”.

Più tardi l'imperatore abolì ogni forma di culto pagano, e ordina la chiusura dei templi pagani ad Alessandria, con i successivi imperatori si avrà la definitiva cessazione del politeismo e dei vari culti pagani.

Prima di inoltrarci sulla struttura della Chiesa, e prima di inoltrarci sulle questioni dottrinali con accanto le relative eresie, dobbiamo spendere qualche parola sulla questione dei Lapsi, i quali divennero argomento teologico sul concilio di Nicea del 325 d.C.

Tommaso de Torquemada



SALUS ANIMARUM SUPREMA LEX