Suicidio tra i testimoni di Geova
14 / 11 / 2005
GAZZETTINO di TREVISO Lunedì, 14 Novembre 2005
IL CASO
Abbiamo conosciuto L.D.P. a febbraio. Era stata lei a contattarci: aveva deciso di scrivere e far conoscere la sua storia, difficile e travagliata, di oltre 50 anni di sofferenza. L. voleva ricominciare daccapo, soprattutto per suo figlio, un trentenne che, come la madre, aveva bisogno di punti saldi su cui appoggiarsi.Lei era sola, lo era stata fin dall'età di 23 anni, quando, già con un bambino, si era separata dal marito ricoverato per schizofrenia. Poco tempo dopo, anche l'amata mamma si era spenta per una gravissima malattia, e L. le era stata vicino fino all'ultimo.
Proprio per questo senso di solitudine, accentuata forse da una fragilità dovuta a diverse sue insicurezze, era entrata fra i Testimoni di Geova. Un'appartenenza, quella al gruppo, che aveva sentito come propria solo nel primo periodo di frequentazione. "Già prima del battesimo - aveva raccontato qualche mese fa - ero arrivata per cause mie personali al border line della schizofrenia. Mi sono rivolta ad un medico, ma era un esterno ai "Testimoni" e questo a molti degli Anziani non andava bene. Ho ricevuto inviti a lasciar stare, a fidarmi di loro, e così ho fatto".Ma le sue condizioni psicofisiche peggioravano comunque: "Mi sentivo controllata, ed ho tentato il suicidio e poi ho deciso di andarmene".L. era stata per tre anni in Umbria, dopo 13 ricoveri ospedalieri per vari motivi. Al suo ritorno, aveva trovato il figlio bisognoso di un aiuto forte. L.D.P. era tornata quindi fra i Testimoni, chiedendo una mano. A suo dire, però, aveva raccontato, senza ottenerla.Aveva così cercato ausilio in alcune associazioni, tra cui il Sert, che l'aveva aiutata ad uscire da alcune sue difficoltà, dandole una forza e uno spirito nuovi. Tanto che aveva trovato lavoro all'Inps, ed aveva deciso di ricominciare, affidando all'avvocato Cinzia Bonetto l'incarico di studiare una causa per tentare di uscire definitivamente dal Gruppo. Ed avrebbe desiderato cominciare una lotta per far reintegrare il reato di plagio: "Mi piacerebbe prendermi questo impegno e raccontare la mia storia sul Gazzettino. Vorrei che chi è nella mia stessa situazione, leggendone sulla stampa, riuscisse a non fare i miei stessi errori. Perchè si soffre veramente tanto a chiedere una mano e a non ottenerla, o ad avere fiducia di chi non la merita e ti porta ad una dipendenza e basta".
Dopo la pubblicazione dell'articolo, L. aveva chiamato per ringraziare: "Quello che è stato scritto mi dà forza e coraggio per andare avanti nella mia battaglia, per chiedere giustizia. Ora sto bene, penso a mio figlio e quello che faccio è solo per lui".Non si sa cosa abbia spinto L. a cercare nelle acque del Sile, una settimana fa, la definitiva cancellazione delle proprie angosce. Forse la disperazione accumulata in 50 anni di quelle che lei stessa chiamava "sconfitte", forse l'ennesima esasperazione. O forse la debolezza di un solo momento, che solo lei conosceva e che, forse, era troppo grande per essere trattenuta ancora da un corpo così minuto.
Serena Masetto
Questa storia è un classico nelle storie di molti che sono stati militanti della WTS .Ancora una volta scopro quanto sia pericolosa la WTS e quanto caparbi ed ignoranti sono gli anziani .Se voi che leggete siete Testimoni di Geova tenete in mente che una persona ammalata ha BISOGNO DEL MEDICO E DI MEDICINE ,non di storielle da quattro soldi il male fisico non viene DAL PECCATO come vogliono far credere gli anziani ,non lasciatevi convincere a non curarvi ,voletevi bene ,fatevi il bene ,CURATEVI CON TUTTI I VOSTRI MEZZI .
Renj