00 21/01/2006 17:52
Un bel pensiero da parte di Alessia su questo argomento che ci tocca da vicino.


tratto da :http://alessiaguidi.provocation.net/tdg/tdg_disassoc.htm

Nei mesi di ottobre-novembre 1999 sul newsgroup it.cultura.religioni si è svolto un acceso dibattito a proposito di Testimoni di Geova, con interventi di Testimoni, ex tali ed "esterni". Tra i tanti temi trattati, uno di quelli che generalmente suscita più scalpore e disapprovazione, nel "mondo" (termine con cui i TdG indicano chi non è della loro congregazione) è la pratica della "disassociazione", cioè l'espulsione di un TdG. Quando un TdG viene espulso, o quando autonomamente decide di non voler più appartenere alla congragazione (cioè si "dissocia"), a chi è rimasto viene fatto divieto di mantenere rapporti con lui, indipendentemente dal fatto che si tratti del migliore amico, del figlio, genitore, socio in affari. Nel caso di rapporti familiari stretti sono ammessi rapporti "formali".
Un Testimone di Geova ci spiega perché e come la dirigenza del gruppo giustifica una pratica che altri ritengono semplicemente disumana, oltre che sintomo di una forte volontà di controllo della Società Torre di Guardia sui suoi seguaci.

Credo che questo intervento sia meritevole di riflessione. Soprattutto sul fatto che la persona perde completamente di valore a favore dell'ideologia e delle disposizioni della Società Torre di Guardia SpA.

Alessia


From: "Daniele"
Newsgroups: it.cultura.religioni
Subject: TdG ed ex
Date: 17/11/1999
Message-ID:
Perché tra i tdG esiste la disassociazione?
Perché troncano ogni rapporto con loro?
Disassociare significa odiare?
Tratto dalla Torre di Guardia del 15-4-1988

La maggioranza dei veri cristiani sostiene lealmente Dio e le sue giuste leggi. (1 Tessalonicesi 1:2-7; Ebrei 6:10) A volte, però, un individuo devia dal sentiero della verità. Per esempio, nonostante l'aiuto degli anziani cristiani, egli può violare le leggi di Dio e non mostrare pentimento. Oppure può rinnegare la fede insegnando falsa dottrina o dissociandosi dalla congregazione. Che fare in un caso del genere? Queste cose succedevano anche quando erano in vita gli apostoli; vediamo quindi cosa scrissero essi al riguardo.

Poiché un uomo di Corinto praticava impenitentemente l'immoralità, Paolo disse alla congregazione: «Cessate di mischiarvi in compagnia di qualcuno chiamato fratello che è fornicatore o avido o idolatra o oltraggiatore o ubriacone o rapace, non mangiando nemmeno con un tal uomo». (1 Corinti 5:11-13) Lo stesso bisognava fare con gli apostati, come Imeneo: «In quanto all'uomo che promuove una setta, rigettalo dopo una prima e una seconda ammonizione, sapendo che tale uomo è stato pervertito e pecca». (Tito 3:10, 11; 1 Timoteo 1:19, 20) Sarebbe appropriato allontanare anche chiunque rinneghi la congregazione: «Sono usciti da noi, ma non erano della nostra sorta; poiché se fossero stati della nostra sorta, sarebbero rimasti con noi. Ma sono usciti affinché fosse manifesto che non tutti sono della nostra sorta». - 1 Giovanni 2:18, 19.

Si spera che tale individuo si penta e possa così essere riassociato. (Atti 3:19) Ma nel frattempo, i cristiani possono stare limitatamente in sua compagnia, o è necessario che lo evitino rigorosamente? In questo caso, perché?

I cristiani non evitano le persone in generale. Abbiamo normali contatti con vicini, colleghi di lavoro, compagni di scuola e altri, e diamo loro testimonianza, anche se alcuni sono "fornicatori, avidi, rapaci o idolatri".

Paolo scrisse che non è possibile evitarli completamente, «altrimenti dovremmo uscire dal mondo». Diede però istruzioni di agire diversamente nei confronti di un "fratello" che avesse vissuto in quel modo: «Cessate di mischiarvi in compagnia di qualcuno chiamato fratello che [è tornato a praticare tali cose], non mangiando nemmeno con un tal uomo». - 1 Corinti 5:9-11; Marco 2:13-17.

Negli scritti dell'apostolo Giovanni troviamo consigli analoghi che fanno vedere fino a che punto i cristiani devono evitare costoro: «Chiunque va avanti e non rimane nell' insegnamento del Cristo non ha Dio . . . Se qualcuno viene da voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non rivolgetegli un saluto. Poiché chi gli rivolge un saluto [greco chàiro] partecipa alle sue opere malvage». - 2 Giovanni 9-11.[Qui Giovanni usò chàiro, che indicava un saluto tipo "buon giorno" o "ciao". (Atti 15:23; Matteo 28:9) Non usò aspàzomai (come nel versetto 13 di 2 Giovanni), che significa "abbracciare e, pertanto, salutare, dare il benvenuto", e che poteva quindi riferirsi a un saluto molto caloroso, accompagnato da un abbraccio. (Luca 10:4; 11:43; Atti 20:1, 37; 1 Tessalonicesi 5:26) Perciò le istruzioni di 2 Giovanni 11 potevano ben voler dire di non rivolgere a costoro nemmeno un semplice "buon giorno".]

Perché anche oggi è appropriato assumere questo atteggiamento risoluto? Ebbene, riflettete sulla severità con cui venivano troncati i rapporti sotto la Legge data da Dio a Israele. In varie questioni gravi, i trasgressori intenzionali venivano giustiziati. (Levitico 20:10; Numeri 15:30, 31) Sebbene gli israeliti dell'epoca fossero normali esseri umani con emozioni simili alle nostre, sapevano che Dio è giusto e amorevole e che la sua Legge proteggeva la loro purezza morale e spirituale. Potevano quindi accettare il fatto che la Sua disposizione di stroncare i trasgressori era fondamentalmente buona e giusta. - Giobbe 34:10-12.

Possiamo essere altrettanto sicuri che la disposizione di Dio, che impone ai cristiani di non frequentare il peccatore impenitente che è stato espulso, costituisce una protezione per noi: «Eliminate il vecchio lievito, affinché siate una nuova massa, secondo che siete liberi da fermento». (1 Corinti 5:7) Evitando anche coloro che si sono volontariamente dissociati, i cristiani sono protetti da possibili idee critiche, indifferenti o persino apostate. - Ebrei 12:15, 16.

Lo stesso Dio che esige l'espulsione dei trasgressori impenitenti dalla congregazione indica anche che, se un peccatore si pente e si converte, può essere riassociato. (Anche un dissociato può chiedere di tornare a far parte della congregazione). Dopo di che potrà essere confortato dai cristiani che gli confermeranno il loro amore. (2 Corinti 2:5-11; 7:8-13) Come scrisse Paolo, «nessuna disciplina al presente sembra essere gioiosa, ma dolorosa; tuttavia a quelli che ne sono stati addestrati produce poi un pacifico frutto, cioè giustizia». - Ebrei 12:11.

Fine trascrizione

Personalmente da quando ho deciso di diventare tdG ho visto essere disassociati o dissociarsi almeno tre miei grandi amici. A chi pensa che siamo tanti robottini senza sentimenti chiedo: pensate davvero che non ce ne freghi niente, che il fatto di non parlare più con chi abbiamo passato tanti bei momenti ci lasci indifferenti? Che ci crediate o no non è così. Il dolore che proviamo, credo tutti, è quello di quando muore una persona cara, tanto che quando qualcuno viene riassociato molti piangono di gioia come se quella persona fosse stata risuscitata.

Ciao
Daniele


La Società Torre di Guardia SpA, quindi, ritiene che togliere il saluto a chi fino al giorno prima era un fratello (e non solo in senso figurato) sia fare il "volere di Dio". I critici, invece, sostengono che si tratti semplicemente di un tentativo di voler tappare occhi e orecchie ai Testimoni di Geova impedendo loro di valutare attentamente le motivazioni per cui il "disassociato" o il "dissociato" sono diventati tali, e mantenerli nell'assoluto obbligo di immobilità, acriticità e conformità alle disposizioni della Casa Editrice americana.

La Società Torre di Guardia SpA si spinge al punto di dichiararlo apertamente, confuso tra mille citazioni: «Evitando anche coloro che si sono volontariamente dissociati, i cristiani sono protetti da possibili idee critiche, indifferenti o persino apostate». Personalmente ritengo che quando un ideale è saldo, con fondamenta solide, non sia necessario "proteggersi da idee critiche, indifferenti o persino apostate". Anzi, sia un bel modo per metterlo alla prova.

Inoltre mi chiedo che impatto possa avere, su un Testimone di Geova, essere consapevoli che nel momento in cui si sollevano critiche, o si desidera lasciare un gruppo che non risponde più alle proprie esigenze - cioè nel momento in cui si esercita il proprio libero arbitrio - la congregazione di cui si è fatto parte per anni (e che gradualmente è diventato l'unico mondo possibile) e gli stessi familiari, amici, colleghi, soci in affari, avranno il divieto di mantenere rapporti con lui. E' davvero corretto parlare di "libertà di andarsene in qualsiasi momento"? A me personalmente sembra un po' il discorso del marito-padrone che dice alla moglie "certo, puoi andartene in qualsiasi momento, nessuno te lo impedisce. Ma se te ne vai, ti impedirò con tutti i mezzi che ho a disposizione di vedere i tuoi figli, di parlare ai tuoi genitori, di mantenere il lavoro nella nostra ditta." Una libertà davvero poco libera. Un costo d'uscita che molte persone non possono permettersi. Tanto vale, quindi, chinare la testa, ubbidire e conformarsi. Alla faccia di ogni disquisizione su libera scelta e libero arbitrio.

Alessia



E' evidente che il libero arbitrio non c'è ne libertà di scelta .
Coloro che vogliono restare coi TdiG devono sottostare pure a queste regole fatte ad arte per opprimerli in modo da renderli schiavi della STW.


Renj