E quando sento parlare di atei dai credenti, sono io a inorridire. Per un religioso, ateo è colui che ha scelto di non rendere conto a una coscienza superiore solo per farsi i proprio comodi e poter "peccare" a piacimento senza sentirsi in colpa. Ho sentito questo ragionamento così tante volte che adesso, quando ricapita, mi scopro a provocare a mia volta. "E se fossero invece migliori di noi in quanto seguono i loro ideali senza che nessuno li costringa? Preferisco uno che mi sorride perché vuole farlo e non perché "dio" dice che in quel modo si guadagna il paradiso"
Idem quando sento parlare di credenti dagli atei, ecco che un po' rimango basita perché mi chiedo come sia possibile non rendersi conto che tra i credenti ci sono anche persone di libero pensiero, che vivono in un certo modo e pensano in un certo modo per PROPRIA scelta, e che non cercano di convincere proprio nessuno del loro modo di essere.
Apporto solo la mia esperienza, perché, lo sai, sul resto, siamo molto in sintonia, tranne per la Bibbia. Ma è solo perché, in questo campo, io so andare oltre... almeno un pochino.
Per quanto ho potuto constatare, quelli che "scelgono" l'ateismo come ideologia, solo come pretesto per fare quello che vogliono nella vita, strafregandosene del rispetto altrui, del vivere civile e della buona educazione, sono poi gli stessi che, quando la ruota della vita gira e si mette contro di loro, fanno immediatamente retro front e tornano alla "fede e al pentimento". In quel momento provo, per questi individui, una pena ancor più grande, perché si rivelano in tutta la loro fragilità e debolezza d'animo. Sono gli stessi che, in punto di morte, chiedono di ricevere l'estrema unzione nella speranza (a mio avviso vana e inutile) di rientrare nelle grazie di un "dio" a cui hanno sempre voltato le spalle.
E faccio lo stesso pensiero per tutti quei credenti che voltano le spalle alla loro "fede" e al loro "dio" nel momento esatto che non si realizzano le loro aspettative, nel momento in cui le cose vanno male o accadono eventi dolorosi non previsti. Non sono diversi, dimostrano la stessa fragilità e debolezza d'animo dei primi.
Ecco, in entrambi i casi io penso sia congruo parlare di illusione. In tutti gli altri è troppo presto per affibiare l'etichetta di "illuso" a qualcuno.
Più si è vuoti e più si ama emergere, come recipienti pieni di niente, che galleggiano sulla superficie dell’acqua.