Intervista del dottor Mario Polito
IL GIORNALE DI VICENZA
QUANDO IN FONDO AL TUNNEL RESTA SOLTANTO IL SUICIDIO
Quali sono, dottor Polito, le motivazioni che inducono una persona al suicidio?
Le cause più determinanti sono tre: la disperazione, il senso di colpa e l'autoaggressività. Arriva a suicidarsi anzitutto chi è disperato, cioè chi ha la convinzione che non c'è nessun'altra via d'uscita. Chi non ha più il potere di controllare la propria vita perché è tutto un fallimento, perché tutto è perduto, ritiene, illusoriamente, di avere diritto sulla vita e sulla morte uccidendosi. In chi è disperato c'è una distorsione cognitiva. E' quella che si chiama "visione a tunnel", cioè una visione finale, a senso unico, senza alternative: il suicidio. Altra causa è il senso di colpa. La colpevolizzazione continua ricevuta dagli altri diventa autocolpevolizzazione. Il senso di colpa è tale che il suicida si punisce per le colpe che gli vengono attribuite e che egli stesso finisce per l'attribuirsi, togliendosi la vita.
In tal modo è come se venisse punito da chi ha ingenerato in lui il senso di colpa. Quando un gruppo anche familiare o di amici, scarica le proprie colpe unicamente su una persona, questa finisce con il diventare il capro espiatorio di un progetto, seppur involontario, di suicidio dell'ambiente. Togliendosi la vita il suicida rivolta la colpevolizzazione contro l'ambiente: con il suo gesto è come se dicesse: "E' colpa vostra se ho fatto questo". Il suicida non si uccide per morire, ma perché è già stato "ucciso", dall'ambiente familiare o sociale.
Infine l'autoaggressività, cioè la pulsione di morte, fa sì che il suicida rivolti contro di sé l'aggressività che era rivolta contro altri.
Cosa fare per prevenire? Come evitare che chi ha idee suicide arrivi a compiere un gesto estremo?
Contro la disperazione occorre costruire una cultura della speranza per dare significato alla vita. Se negli ultimi anni i suicidi vanno aumentando è proprio perché va diminuendo la speranza. Poi è necessaria una cultura della progettualità. Per aiutare chi ha idee suicide a uscire dalla "visione a tunnel" bisogna trasmettergli un progetto, con un'alternativa al suo progetto di morte. E stato infatti dimostrato se chi ha tentato il suicidio viene aiutato a ricostruire la propria vita non tenta più il suicidio. E' stato dimostrato che se uno ha tentato il suicido viene aiutato a ricostruire la propria vita, non tenta più di suicidarsi proprio perché ha acquistato altri punti di vista della realtà.
Inoltre il suicida, proprio per evitare di confrontarsi con altre possibilità, si rinchiude in se stesso morendo così nell'isolamento e senza che nessuno sappia spiegarsi il perché sia arrivato a tanto Ecco perché è importante coltivare il senso della solidarietà familiare, amicale e degli affetti. Tutte le forme di aggregazione sociale, famiglia e relazioni affettive comprese, sono un freno al suicidio. Non per nulla i singles, i divorziati, i separati e i vedovi sono maggiormente esposti a tale rischio. Infatti è importante curare il proprio equilibrio psicologico, l'autostima.
Per impedire invece che il senso di colpa possa condurre alla morte occorre far sì che il soggetto venga aiutato a riconoscere chi nel proprio ambiente di vita lo colpevolizza.
E' possibile stabilire una correlazione tra le ragioni che inducono a uccidersi e il mezzo adoperato?
Un nesso certamente sussiste. Uccidendosi il suicida vuole mandare un messaggio: per esempio "mi impicco perché mi avete asfissiato", "mi butto giù perché avete continuato a buttarmi a terra". E' significativa la diversità di mezzi adoperati dagli uomini e dalle donne. Se il 30 per cento dei maschi si uccide impiccandosi. la medesima percentuale di femmine sceglie di gettarsi nel vuoto.
Generalmente le donne, che solitamente curano la propria immagine più degli uomini, scelgono i mezzi che deturpano meno il corpo.
Molto spesso il suicidio di una persona è accompagnato da incredulità: nessuno riesce a spiegarsi il perché si arrivi a tanto. E' davvero impossibile cogliere dei segni premonitori?
Il segnale di avvertimento più chiaro si ha quando uno esprime chiaramente le proprie intenzioni. Perciò quando si sente dire da qualcuno; "io mi ammazzo" non bisogna mai sottovalutare il messaggio. Poi ci sono altri segnali: improvvisi cambiamenti nella conduzione della propria vita, nelle amicizie, e nell'amore, l'abbandono del lavoro, l'isolamento estremo, il mutismo, la chiusura in se stessi e l'apatia conditi con atteggiamenti depressivi. Sono tutti segnali premonitori da prendere in estrema considerazione.