Vitale
00lunedì 8 agosto 2005 21:30
Parte 1°
Testimoni di Geova, formidabili acchiappa suore
I dirigenti dei testimoni di Geova, pur proclamando incessantemente di perseguire solo e sempre la verità, insegnano che le bugie loro non sino bugie ma " strategie belliche teocratiche " assai meritorie e benedette da Geova, mentre le bugie altrui sono vere e proprie menzogne ispirate dal diabolico, diavolo.
Riporto due citazioni dalla stampa tdG già trattate:
1 " Disse ella una bugia? No, non la disse. Ella non fu bugiarda. Piuttosto, elle usò una strategia bellica teocratica, nascondendo la verità con parole ed opere per amore del ministero ". Torre di Guardia, ed.inglese, 01-05-295 pag. 285.
2 " Mentire ai nemici di Dio non è in verità mentire ma è solo una strategia bellica ". Torre di Guardia, ed.inglese, 01-06-1960 pag. 352.
Una di queste "strategie" viene messa in opera periodicamente per far credere che un gran numero di suore cattoliche abbandonino il proprio convento per diventare testimoni di Geova ( favole credute ed assai apprezzate dai tdG ).
L'esposizione inizia documentando che in occasione ( probabilmente l'unica ) in cui una suora è realmente passata al geovismo, dove la Società Torre di Guardia l'ha descritta con dovizia di particolari le notizie essenziali per rendere attendibile la narrazione.
Al contrario le altre favolose catture di suore narrate sulla stampa tdG evidenziano il più completo anonimato delle presunte "convertite" e l'assoluta mancanza di elementi che possano conferire credibilità a queste sciocche favole. Abbondano invece, delle grossolane bugie che sconfinano immancabilmente nel grottesco.
Esaminiamo per primo il caso, sopra accennato, che ha tutte le apparenze di veridicità, descritto in Svegliatevi 08-09-1992, pag. 20-22, di cui riporto la copia della prima pagina e la parte finale della terza, dove possiamo rilevare il nome e cognome della "convertita". Questo articolo espone, oltre alle solite strategie, quattro importanti particolari:
1 - Il nome e cognome della ex suora indicato al termine dell'articolo: Eugenia Maria Monzon.
2 - La località in cui risiede la Monzon: " la provincia di Corrientes, in Argentina, luogo famoso per il culto che vi si rende alla Vergine di Itati.
3 - L'ordine religioso nel quale la "convertita" fu suora per 14 anni, " Missionarie Carmelitane di S. Teresa.
4 - La fotografia della protagonista in veste di suora ( qui non inserita nella trattazione)
Più avanti esamineremo una rassegna di alcune “ conversioni “ le quali il CD di Brooklyn, inventa di sana pianta e pubblicizza diverse "conversioni" anonime, senza una residenza precisa e prive di altri dati d'identificazione. Il tutto è infiorato d'invenzioni, palesemente false ed assai puerili.
Iniziamo con l'esaminare la storia della suora "convertita".
Cercavo un mondo migliore
Narrato da un’ex suora cattolica
“” UN MONDO migliore: era possibile? Senz’altro Dio non aveva creato il mondo perché diventasse pieno di odio, violenza, egoismo, corruzione, ingiustizie e sofferenza. Ci doveva essere un mondo migliore. E se era possibile istituirlo, io ero pronta a dare una mano.
Sono nata e cresciuta nella provincia di Corrientes, in Argentina, luogo famoso per il culto che vi si rende alla Vergine di Itatí. La gente del posto è cattolica e molto religiosa, e ogni anno compie molti pellegrinaggi per venerare questa vergine. Io ero una di loro. Sin da piccola ho sempre desiderato conoscere questo Dio di cui si parlava tanto, ma mio padre mi proibì di andare al catechismo. In seguito, mentre io ero adolescente, le amicizie sbagliate portarono mio padre a divenire un ubriacone. Questa situazione faceva soffrire tutti noi, ma specialmente mia madre, che più di tutti doveva subire le sue ingiurie e le percosse. Di conseguenza cominciai a odiare gli uomini, considerandoli tutti perfidi e malvagi.
Il mio obiettivo: procurarmi una pistola
La scuola, però, mi aiutò a sviluppare le mie migliori qualità. Studiai con impegno e tenacia, diplomandomi in sartoria e materie commerciali e in seguito laureandomi a pieni voti come insegnante. Ora le mie più grandi aspirazioni cominciavano a prendere corpo: stavo conseguendo titoli e diplomi che mi avrebbero liberata dal giogo paterno. Allo stesso tempo mi prefiggevo di lavorare sodo così da migliorare la situazione di mia madre e poi . . . comprare una pistola per ammazzare mio padre!
Quest’idea, naturalmente, non mi recava alcuna gioia, né tanto meno pace e felicità. Al contrario, mi sentivo come un animale in trappola. Avevo vent’anni e mi trovavo in un labirinto senza via d’uscita.
La vita religiosa: le aspettative e la realtà
Più o meno nello stesso periodo cominciai a frequentare le suore e anche i comunisti. Entrambi i gruppi cercavano di fare pressione su di me con le loro idee. Ma l’idea di poter aiutare i poveri in paesi lontani come l’Africa e l’Asia mi fece decidere per il convento.
Vissi in un convento per 14 anni. Lì la vita era comoda, tranquilla e pacifica. Fu solo quando cominciai a lavorare con sacerdoti la cui filosofia verteva sui paesi in via di sviluppo che mi fu fatto notare il contrasto che c’era fra il mondo in cui vivevamo noi suore e quello in cui viveva il resto dell’umanità, un mondo fatto di dolore e di ingiustizie in cui la gente soffriva sotto l’oppressivo giogo dei prepotenti.
Nell’ordine religioso a cui appartenevo, le Missionarie Carmelitane di S. Teresa, si parlava molto di giustizia, ma le mie superiori sembravano ignorarla completamente nel modo in cui trattavano gli altri. I membri del corpo insegnante percepivano un salario molto inferiore a quello stabilito dal governo, non ricevevano benefìci accessori né per sé né per le loro famiglie, e potevano essere licenziati senza preavviso e senza liquidazione. Chi provvedeva aiuto domestico se la passava anche peggio: dopo aver lavorato per 10-12 ore nella scuola doveva trovare un altro lavoro per mantenersi e sfamare la famiglia. Volevo correggere questa situazione ingiusta.
Quando ne parlai con la madre superiora mi rispose che mi mancava solo il mitra sulla spalla e sarei stata una perfetta estremista! In quel momento pensai che avrei preferito essere un’estremista che essere crudele come loro. Decisi così di chiedere la dispensa dai voti perpetui di castità, povertà e ubbidienza che avevo preso. Volevo aiutare la chiesa in maniera più ampia. La dispensa mi fu concessa prontamente.
La mia attività politica
Fu allora che cominciai davvero ad adempiere il voto di povertà. Molte volte non avrei avuto nemmeno un tozzo di pane se non fosse stato per le persone di buon cuore che mi stavano intorno. Per la prima volta scoprii come viveva veramente la gente comune. Mi impegnai a fondo con la chiesa locale in tutti i campi: religioso, sociale e politico. Visto che insegnavo agli adulti, avevo molte occasioni per parlare loro delle condizioni arretrate in cui la società li costringeva a vivere, dei motivi per cui questo accadeva e delle soluzioni possibili. Di quali soluzioni si trattava? Per prima cosa operare usando mezzi pacifici e proteste, e poi, se necessario, ricorrere alla violenza per raggiungere la meta desiderata: la giustizia.
Il movimento politico-religioso di cui facevo parte, organizzato da sacerdoti cattolici e sostenuto da laici, si occupa delle regioni sottosviluppate dell’Africa, Asia e America Latina. Esso si batte per un cambiamento immediato e radicale delle strutture socioeconomiche mediante un processo rivoluzionario, e rifiuta categoricamente ogni tipo di imperialismo economico, politico e culturale. Il suo scopo è quello di fondare un socialismo latino-americano che promuove la creazione dell’hombre nuevo (uomo nuovo), libero dai legami imposti da sistemi politici stranieri.
Noi ci impegnavamo a penetrare sempre più tra le fasce della popolazione povera, identificandoci con le loro condizioni di vita. Con questi ideali in mente mi battei per aiutare tutti, giovani e vecchi, adolescenti e adulti.
La mia vita privata, la più grande delusione
Mentre combattevo per migliorare le condizioni dei poveri dimenticai che il cuore può essere ingannevole. Mi innamorai del mio superiore, un sacerdote, con cui vissi per due anni. A un certo punto rimasi incinta. Quando il sacerdote lo venne a sapere voleva che abortissi ma io rifiutai, perché sarebbe stato un omicidio. Per avere il bambino dovetti rinunciare a lavorare con quel sacerdote e lasciare la città per evitare che si scoprisse che ero la sua amante.
Lasciai la città profondamente amareggiata. Pensai di suicidarmi gettandomi sotto un treno, ma qualcosa mi trattenne dal farlo. Tenni duro. Nella mia città natale amici, parenti e persone amichevoli mi mostrarono amore, compassione e comprensione, cosa che l’unico uomo che io abbia mai amato non aveva mai fatto. Quando nacque mio figlio, furono queste persone che si presero cura di noi. Volevo che mio figlio, crescendo, diventasse un uomo forte e dinamico, fedele alle sue convinzioni e disposto a morire per i suoi ideali. Per questo motivo gli misi come secondo nome Ernesto, in memoria di Ernesto Che Guevara, il famoso guerrigliero argentino che io ammiravo moltissimo.
Quando il governo argentino fu rovesciato dai militari, i gruppi di sinistra cominciarono ad essere perseguitati. Molti miei compagni furono arrestati. Più volte gli encapuchados (incappucciati) fecero razzia in casa mia, frugando dappertutto e rubando quasi tutto ciò che avevo. Molte volte fui convocata dalle autorità perché rivelassi dove si trovavano i miei compagni, ma rimasi leale ai miei amici. Avrei preferito morire piuttosto che tradirli.
Una svolta nella mia vita
Vivendo in questa situazione difficile avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, di veri amici su cui fare affidamento. Fu allora che due testimoni di Geova bussarono alla mia porta. Li feci entrare volentieri, notando che avevano una calma e un modo di fare amichevole che mi attirava. Chiesi loro di tornare per studiare la Bibbia con me. Quando tornarono, spiegai loro la situazione difficile in cui mi trovavo e dissi loro francamente che non volevo che venissero coinvolti quali complici. Mi assicurarono che non avevano alcun timore, perché le autorità sapevano chi erano.
Il nostro studio biblico fu pieno di ostacoli sin dall’inizio. Avendo io perso la fede e la fiducia in Dio, mi fu molto difficile accettare gli aspetti dottrinali contenuti nel libro che usavano per lo studio della Bibbia, intitolato La Verità che conduce alla Vita Eterna. Stavo quasi per rinunciare allo studio, pensando che la Bibbia fosse un mito e che Marx avesse ragione a dire che la religione è “l’oppio del popolo”. Quando spiegai ai Testimoni come la pensavo e dissi loro di non sprecare altro tempo con me, risposero che per loro aiutare chi è nel bisogno non era tempo sprecato.
Cambiai opinione quando mi invitarono alla Sala del Regno. Ero stufa di riunioni in cui mancavano completamente dialogo, rispetto reciproco e calore umano. Ma le adunanze dei testimoni di Geova erano diverse. Si basano sulla Bibbia e rafforzano la fede, e inducono ad amarsi gli uni gli altri e ad amare persino i nemici.
La violenza cede il posto alla nuova personalità cristiana
Alla fine ho trovato il modo per migliorare il mondo. L’8 giugno 1982 simboleggiai la mia dedicazione a Geova Dio con il battesimo in acqua, e allora più che mai provai il desiderio di spogliarmi della vecchia personalità, del violento hombre nuevo politico, e di rivestire la nuova personalità con i suoi frutti eccellenti descritti in Galati 5:22, 23. Ora partecipo a un altro tipo di combattimento, un combattimento cristiano, predicando la buona notizia del Regno e spendendomi per insegnare ad altri la verità del Regno, annunciando la venuta di un mondo migliore.
Che benedizione poter insegnare al mio bambino che anziché crescere imitando Ernesto Che Guevara può camminare seguendo le orme di Cristo Gesù, il nostro Condottiero e Modello! Prego che mio figlio ed io, insieme a tutti coloro che amano la giustizia, compresi i miei ex compagni e i miei parenti, possiamo entrare in quel mondo migliore che durerà per sempre: una terra paradisiaca che sarà piena di gioia, pace, felicità e giustizia. La violenza non aiuta nessuno; non fa che promuovere odio, divisioni, frustrazioni e problemi a non finire. Avendo vissuto questo tipo di vita, posso dirlo per esperienza. — Narrato da Eugenia María Monzón. “”
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