per Veronica

santapazienzauno
00domenica 8 novembre 2009 17:05

Re:
santapazienzauno, 04/11/2009 17.10:

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E poi guai a non mettersi in discussione sempre e comunque, sarei la più miserabile della terrà, se non vedessi la potenziale fragilità nonostante tutte le promesse di "santità" fate a DIo. Se fossi santa non avrei bisogno di Dio, ma siccome siamo di natura coruttibile, come si fa fondare sulle forze di noi stessi!? Nessuno sa cosa porta domani, perchè un solo giorno ci appartiene.
"Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero." Matteo



Veronica:
E quindi ammetti che NON sei santa?




Guarda io parlavo seriamente e mi sarei aspettata anche da te una risposta altrettanto seria...

Vedi che ti sei contraddetta nei tuoi posts ecco:

"può succedere anche alle donne più sante di cedere a certe tentazioni...Lo spirito è pronto ma carne è debole, nè sapeva qualcosa anche apostolo Paolo. Speriamo che non succeda a noi."


e poi:


"Se fossi santa non avrei bisogno di Dio,...


Ecco perché ti ho fatta la domanda, sei o non sei santa per la tua concezione teologica... giusto per capire...senza entrare nel merito perché alla fine dei conti non mi interessa più di tanto, insomma.



Mi scuso con Veronica se non le ho risposto subito, come si deve a questa domanda. E mi scuso per la frivolezza con la quale ho considerato una questione così importante e seria. Hai ragione Veronica quando dici che è successo anche altre volte come quando per esempio avevo aperto la discussione sul Anticristo e per te potrebbe sembrare una provocazione. Lì avevo perso tre pagine di materiale e non avevo più trovato il tempo per scrivere nuovamente con la stessa ispirazione. Non ti do ragione solo quando vedi questo mio comportamento come una provocazione.

Passiamo alle cose serie dunque:

E' vero che la mia può essere vista come una contraddizione e apparentemente lo è. Ci sarebbe da dire tanto sul argomento, ma non voglio entrare nei lunghi discorsi teologici e non sarei nemmeno capace di farli. E' solo una mia semplice rifflessione basata sulla conoscenza e sulla mia esperienza nella fede.

La santità non si ottiene per la religione “ereditata” dai genitori, non si ottiene compiendo i riti, come può essere Battesimo e Santa Cena, o semplicemente reccandosi regolarmente in un luogo di culto, o portando con se oggetti considerati sacri, etc. La santità
è il processo di consacrazione a Dio che si realizza parlando con Dio e contemplando la gloria di Dio nella sua Parola. Noi siamo in dovere di cercare la santità e questo non è qualcosa che è riservato solo “agli altri” e qualcosa di irragiungibile per noi. Tra il peccatore e il santo non c'è grande differenza, in sostanza sono la stessa persona. Così detto potrebbe essere visto come un' eresia perchè siamo portati a vedere un santo,secondo la concezione più comune, come un qualcosa di mistico, misterioso o come una predestinazione, una scelta che Dio ha fato per l'uomo. Non c'è niente di tutto questo nella Bibbia.

Se vogliamo vedere come è possibile trovare un peccatore e un santo nella stessa persona dobbiamo considerare due parti in questione, Dio da una e l'uomo dall'altra. Chi decide di voler incontrare, vedere, toccare e conoscere Dio, quello della Bibbia avrà grandi sorprese che lo portano a fare dei conti con la propria immagine che ha avuto fin ora di sè e con quella immagine incompleta e sbagliata di Dio. Ma tutto questo può succedere per chi è disposto a cambiarla. E la disposizione all'cambiamento è uno dei parametri di umiltà. Santità inizia in quel momento, nel momento che io decido di cambiare la mia persona, il mio essere con Dio, con suo aiuto, perchè fin ora riconosco di aver “costruito sulla sabbia” e riconosco la mia condizione di peccatore. Il momento in cui io sono disposto a rinunciare a “me”, alle mie vie, ai miei ragionamenti, non per rinegare la mia personalità (come alcune sette riescono a farlo con i propri addepti), ma solo perchè questo cambiamento può
portare alla mia crescità può accadere qualcosa, e vi assicuro qualcosa di meraviglioso.

Dovo dare in sacrificio me stesso per ricevere un tesoro più grande, è cio è la visione di Dio. Devo essere pronto a rinunciare anche alla mia stessa vita. Essere pronti a rinunciare accadrà solo se io riesco a capire che si tratti davvero di un grande Tesoro, un qualcosa che supera la stessa mia vita, un qualcosa che supera tutte le mie visioni, tutti i miei sogni, tutti i miei progetti terreni, tutti i miei desideri. Quando iniziamo a capire che si tratti di qualcosa talmente grande, così grande che vale rinunciare a tutto, allora lì inizia un percorso di santità. Altrimenti no. Dobbiamo voler sentire e toccare la realtà di Dio, altrimenti non vale la pena partire. Chi fa questa ricerca deve assomigliare all'uomo che ha scavato profondamente per costruire la propria casa spirituale su una cosa solida, su una roccia, Roccia-Gesù:

Assomiglia a un uomo il quale, costruendo una casa, ha scavato e scavato profondamente, e ha posto il fondamento sulla roccia; e, venuta un'alluvione, la fiumana ha investito quella casa e non ha potuto smuoverla perché era stata costruita bene. Luca 6,48

Allora sintetizando: Primo passo è: riconoscere che quello che Dio ci offre si tratti di un Tesoro e di qualcosa Grande.
Il secondo passo è essere pronti a scambiare la propria povertà con il Tesoro che Dio ci offre. La santità inizia con la consapevolezza che devo quotidianamente lasciare la mia visione di me, del mondo e di Dio e ai piedi di Gesù , in cambio della sua, lascare a lui il peso che mi tira alla terra al peccato e alla morte per potermi elevare in cielo verso alte visioni della vita. La santità inizia quando siamo pronti a fare la promessa a Dio a voler indirizzare la nostra volontà, i nostri pensieri e i nostri sentimenti verso la sua volonta e mettersi sotto le sue mani, lasciare che ci lavori sopra, che ci modelli. La santità richiede umiltà, è un ingrediente fondamentale, umiltà di combattere noi stessi e non gli altri, umiltà di riconoscere i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre imperfezzioni, il nostro vuoto, la nostra povertà, anche quelle degli altri, si, solo in caso in cui dobbiamo aiutarli, amarli per quello che sono e non giudicarli.

Chi meglio riesce ad imparare il proprio mestiere è lui che non pone limiti allo studio e alla ricerca, alle scoperte quotidiane. La vera crescità personale, spirituale è questa, avere sempre sensazione di non toccare il fondo e di non arrivarci mai alla perfezione, e quindi in nostro caso mai alla vera santità.

Gesù non per altro dice che I malati, cio è peccatori hanno bisogno del Medico e non i sani. I sani qui simbolizzano quelli che si sentono santi, ma per questo negli occhi di Dio sono veri peccatori. Solo chi si sente malato, che simbolicamente rappresenta chi si sente peccatore ha bisogno reale del Medico, Gesù.. Sentire il bisogno di Dio, non superficalmente, ma come abbiamo detto, profondamente da rinunciare a tanto, significa essere santi. Sentirsi indegni della sua grazia e del suo amore per il sacrificio che ha fatto ci fa sperimetare là santità. Sentirsi piccoli davanti alla sua grandezza e Maesta, provare la gratitudine e innalzare la lode per quello che Lui è, significa essere santi, anchè se santi non siamo mai, in senso della parola che comunemente si usa.


Quindi la stessa persona è il santo e nello stesso tempo peccatore, quando, l'uomo si sente il peccatore anche quando fa la volontà di Dio, ma è santo negli occhi di Dio, per il fatto che si sente il peccatore. E qui è la sostanza. Quindi non sta a noi giudicare chi è santo chi no, ma sta a Dio a stabilire I nostri "meriti". Il dovere dell'uomo è amare, rimproverare il peccato solo quando è pronto a morire per quella persona come Gesù per amore nostro è andato morire per noi.
Quindi chi si sente santo per i meriti è già giudicato peccatore, e chi si sente peccatore e bisognoso della grazia è giustificato dal sangue dell'Angello a cui appartiene la Gloria e Lode.

Ecco in breve forse sono riuscita a rendere l'idea un po dell'essenziale, poi ci sarebbe da fare ancora tante belle riffelessioni se vogliamo.

So che la teologia dei testimoni di Geova, ne di cattolici, è quella di giustificazione per fede, ma quella dei Luterani di oggi non so, dovrebbero aver conservato la loro fede originale di Lutero!? Veronica possiamo approfondire se vuoi, sarebbe interessante!?

Luteranamanier
00domenica 8 novembre 2009 21:38
Grazie
Grazie di avermi risposto...
certo che possiamo parlare della giustificazione per sola fede...
Solo in questi giorni sarò piuttosto impegnata col lavoro, perciò rimandiamo tutto ad un momento più opportuno, ok?


Saluti
Veronika
santapazienzauno
00martedì 10 novembre 2009 17:34
Re: Grazie
Luteranamanier, 08/11/2009 21.38:

Grazie di avermi risposto...
certo che possiamo parlare della giustificazione per sola fede...
Solo in questi giorni sarò piuttosto impegnata col lavoro, perciò rimandiamo tutto ad un momento più opportuno, ok?


Saluti
Veronika



Ok. Nel fra tempo io posto quest'altro ragionamento allegato a quello già fatto.

La questione della santificazione ci porta a riconoscere il falso servizio a Dio da quello vero. La Bibbia è chiara a riguardo e non lascia dubbi nel identificazione di questi. Ci sono due tipi di adoratori, due modi di rendere servizio al Signore, con diverse forme religiose, ma nella sostanza sono sempre gli stessi e sono descritti in Luca 18, 10-14:


«Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!" Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello;

Tutte e due credono in Dio, tutte e due sono in preghiera, tutte e due sono devoti.
La prima cosa che cade nell'occhio nella preghiera del fariseo è che si paragona ad altri, che si crede migliore e che il peccatore è sempre qualcun altro, che elenca le buone opere convinto di guadagnarsi così il favore di Dio. Ha un assoluto bisogno di sentirsi giusto e migliore di altri.

Il pubblicano non si paragona ad altri, non viene davanti con il proprio metro di misura – la sua religiosità, ma guarda la giustizia di Dio che è la grazia in Gesù. Pubblicano a differenza di fariseo non è soddisfatto di se stesso e del suo carattere, perciò dice: “abbi pietà di me, peccatore”!
Sa di non avere nessun merito, nessuna opera per quanto buona che lo può raccomandare a Dio, ma confida completamente solo nella grazia in Gesù Cristo. Fariseo è andato via soddisfatto di se stesso e della propria religiosità, ma pubblicano è tornato a casa soddisfatto del carattere di Dio e della sua grazia. E' consapevole che le proprie forze non sono sufficienti a lottare contro il peccato e contro il male, sa di dover confidare completamente nel Signore e nella sua potenza per salvarlo.

Il fariseo si sente ricco, giusto, non bisognoso di niente, autosufficiente e non dipendente da Dio. Lui si costruisce da solo la propria giustizia, appoggiandosi ai meriti per quello che fa, invece di
lasciare agire il Signore dentro il suo cuore. Aspettando il premio per la sua buona condotta e la sua “santità”, si inganna e illude come colui che ha abbassato l'immagine di Dio allo stesso suo livello, allo stesso ragionamento di ogni comune mortale non nato dallo Spirito. Dietro il merito c'è sempre un aspettativa di un premio. Il fariseo si aspetta un premio per le sue buone opere - meriti. E chi si aspetta un premio si disinteressa della compagnia, amore e amicizia della persona amata e si aspetta un tornaconto: “io sono santo tu ora mi dai il premio- nuova terra e nuovi cieli. La persona che ama, non penserà tanto al premio quanto alla bellezza del carattere della persona amata. Solo il desiderio della compagnia, la compagnia di Gesù, affermerà il vero amore di chi si professa suo figlio. Alla fine Dio esaudirà si la preghiera del pubblicano sia quella la del fariseo. Fariseo sarà giudicato secondo stessi criteri che si è scelto, quelli del merito. Ma un peccatore non avrà mai da dare niente se non gli è stato dato da Dio e così invece di confidarsi nel sangue dell'Agnello il fariseo ha costruito la propria sicurezza in se stesso, che alla fine sarà la sua rovina.

Il pubblicano sarà giudicato per un solo merito - quello del sangue di Gesù, capace a produrre la giustificazione.

O......di cui si è parlato molto, fa parte dell'agire di un fariseo, sicuro che lui perfettamente e giustamente rende culto a Dio e non a se stesso e al Satana che gli lusinga dicendo: si, sei bravo, guarda come sei bravo a servire Dio, quanto ti dai da fare e quante ore predichi. E lui in sostanza va in giro a cercare altri farisei come lui a rendere il culto in lode a un autogiustizia...Senttirsi giusti e cambiare il carattere sono quelle che si distinguono per le motivazioni. La prima non include nessun cambiamento da dentro, ma solo il comportamento. Il cambiamento da dentro inizia con sentirsi peccatori nella luce della legge morale di Dio e non secondo i parametri delle religioni che nutrono i sentimenti di "santità" e di sicurezza spirituale nell'organizazzione attraverso dottrine di autogiustizia...credendo di rendere il culto al Signore.

Come agiva apostolo Paolo prima di convertirsi, un po similmente a quelli che a suo modo oggi perseguitano quelli che una volta chiamavano fratelli:


"Quale sia stata la mia vita fin dalla mia gioventù, che ho trascorsa a Gerusalemme in mezzo al mio popolo, è noto a tutti i Giudei, 5 perché mi hanno conosciuto fin da allora, e sanno, se pure vogliono renderne testimonianza, che, secondo la più rigida setta della nostra religione, sono vissuto da fariseo. 6 E ora sono chiamato in giudizio per la speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri; 7 della quale promessa le nostre dodici tribù, che servono con fervore Dio notte e giorno, sperano di vedere il compimento. Per questa speranza, o re, sono accusato dai Giudei! 8 Perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti?
9 Quanto a me, in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno. 10 Questo infatti feci a Gerusalemme; e avendone ricevuta l'autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti santi; e, quand'erano messi a morte, io davo il mio voto. 11 E spesso, in tutte le sinagoghe, punendoli, li costringevo a bestemmiare; e, infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere. Atti 26




Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quand'ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la devastavo; Galati 1,13

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